Oggi ho voglia di eccitarmi e godere tanto.. Purtroppo sono a casa da sola.. Senza alcuna prospettiva di avventure intriganti o incontri piccanti.. Così scrivo per voi.. Ho voglia di raccontarmi, di ripensare a qualcosa di eccitante che mi è successo e condividerlo con chi avrà voglia di leggerlo.. Per riviverlo e, perché no, immaginarvi mentre vi toccate davanti alle mie parole.. Pensare alle vostre mani che scorrono lungo i membri eretti.. prima piano, poi sempre più veloce.. immagino lo sperma caldo che cola tra le vostre dita.. Vorrei prenderle e passarle ancora sporche sui miei seni.. Leccarle.. E penso anche alle ragazze.. Le immagino infilarsi qualcosa, un oggetto nella passerina e godere, immaginando di essere me.. O di essere con me.. E ancora, una coppia, che condivide quello che scrivo.. Lei nuda, impalata sul sesso di lui che legge ad alta voce e intanto la penetra.. ecco, mi sto già bagnando tutta.. Per rendere la cosa più eccitante, mi sono spogliata.. Ho addosso solo un perizoma bianco, di pizzo, e un reggiseno a balconcino, uguale.. L’ho preso un pochino stretto, in modo che i capezzoli spuntino dalla stoffa.. Ho messo anche le scarpe nere, con il tacco a spillo e la punta.. Amo curare i dettagli, quando si tratta di divertirmi con il mio corpo.. Mi guardo nello specchio e mi sento tanto porca.. Qui, seduta davanti al mio computer, quasi nuda, con i capelli biondi sciolti sulle spalle e lo sguardo eccitatissimo.. Mi muovo leggermente sulla sedia.. Il mio clitoride è già gonfio e sento le mutandine umide dei miei umori.. Ogni tanto pizzico i miei capezzoli.. Li voglio belli duri, eretti.. Ma non voglio più farvi aspettare..
Voglio raccontare....
Meno male che c’è il cuscino, riesco a pensare mentre cerco di riprendere aria.
Lei si chiama Nadia, o almeno così mi ha detto. Non ho chiesto il documento, sapete come vanno certe cose. Ti fidi. E se sbagli a fidarti fa niente, il nome non è la cosa più importante.
Non quanto il suo ano bagnato che adesso mi scivola sul naso, contraendosi un poco mentre riprendo aria, insomma.
Quello è più importante del suo nome, almeno al momento.
Sono sdraiato sul letto di un motel, un santo cuscino rosa piazzato dietro la nuca, e Nadia, sempre se è il suo vero nome, ha deciso di farsi assaggiare in profondità.
Si solleva dalla mia faccia per qualche secondo, afferrandosi con le mani le chiappe e tirando verso l’alto, mettendo completamente in mostra il suo fiorellino pulsante. Lo incorniciano nel bel mezzo di un bel paio di chiappe generose e abbronzate. Poi emette un gemito, inarca la schiena, e cerca col buco del culo la mia bocca: la trova subito, pensa un po’.
Calca le chiappe sulla mia faccia, sento i peli corti del suo perineo strisciare contro il mio mento, come ad aiutarmi a spalancare la bocca.
Oh, io la spalanco. La lingua scivola dentro, comincio a muoverla lentamente in tondo mentre faccio quel che posso per allargarlo ancora un po’. Lei comincia a masturbarsi con un vibratore giallo, inarcando la schiena e premendo un po’ di più sul mio mento.
Andiamo avanti così per un po’.
Ci siamo incontrati per un caffè dopo una settimana di scambio di messaggi. Oddio, scambio di messaggi: lei mi ha detto che cosa voleva e mi ha chiesto se mi andava. Io le ho risposto di sì, e abbiamo cercato un tardo pomeriggio milanese che andasse bene a tutti e due.
“In questi giorni non lavoro”, mi aveva scritto. “Cerco qualcuno che mi lecchi la figa. Non voglio scopare, voglio solo uno che mi lecchi la figa. Pensi di poterlo fare?”
Of course, darling.
E così mi sono trovato a prendere un caffé con questa bella quarantaduenne dalle chiappe e dalle tette generose. “Guarda che non stavo scherzando”, mi aveva detto al bar, posando la tazzina nel piattino. “Voglio che mi lecchi e basta”.
Mi sta bene, le avevo detto.
“Il culo lo lecchi?”, mi aveva sussurrato con fare deciso mentre mettevo mano al portafoglio.
Ovvio, avevo risposto.
Così siamo finiti in motel. Abbiamo parlato e ci siamo spogliati, abbiamo parlato e ci siamo lavati, abbiamo parlato e abbiamo cominciato a toccarci. Poi abbiamo cominciato ad usare le bocche per fare altro, e quindi abbiamo smesso di parlare.
E’ venuta un po’ di volte, non le ho contate. Sono passate quasi due ore da quando abbiamo smesso di parlare, e ora cominciano a farmi un po’ male i condili mandibolari, ma tengo duro: Nadia mi ha preannunciato che questo sarebbe stato il gran finale, e a giudicare dai versi che fa, da come muove il sedere, da come il suo ano ha cominciato a stringere ritmicamente la mia lingua dentro di sé e dalla velocità con la quale il vibratore giallo entra ed esce dalla sua profumatissima e dolcissima gattina dalle piccole labbra sporgenti e rosee, direi che ci siamo quasi.
E infatti ci siamo. Mugola, schiaccia, si irrigidisce, e viene spruzzandomi il petto e l’addome. Prima, diverse volte, mi ha spruzzato in bocca, mentre ancora succhiavo e leccavo la clitoride grossa quanto l’unghia del mio mignolo (cioè parecchio, per una clitoride).
Si sfila il vibratore giallo, lo spegne, quindi mi si allunga verso il principino, là in mezzo alle mie gambe. Mi tira una leccata dall’ombelico a pisello, passando per il pube e salendo sino al glande, e interpreto il gesto come un sincero tentativo di esprimere gratitudine. Poi, prima di prendermelo in bocca, parla per la prima volta da un po’.
“Se vuoi puoi tenere la lingua dentro”, mi dice.
Io cerco di dire OK, ma ho la lingua impegnata, quindi mi limito a muggire mentre lei si fa sparire il mio soldatino in gola
Meno di un’ora dopo siamo in un altro bar, seduti ad un altro tavolino, bevendo un altro caffè.
Quasi mi dispiace togliermi il tuo sapore di bocca, le dico mentre porto la tazzina alle labbra.
“Io mi ci farei i gargarismi, invece”, mi risponde lei onestamente portando la sua tazzina alle labbra. Me lo aveva detto, che il sapore del succo di cazzo non l’aveva mai fatta impazzire.
“Sai”, mi dice dopo aver bevuto un sorso, “ho ingoiato”.
Me ne sono accorto, le dico.
Nadia, sempre che si chiami così, mi promette che, se mi va, la prossima volta si farà anche scopare.
Io le rispondo che preferisco farmi, scopare.
Alle nove di sera rientro a casa. Mia moglie è sul divano, col cane e una qualche cazzata che gira in tv. La saluto, mi avvicino, la bacio sulle labbra.
“Sai di caffé”, mi dice lei.